Il licenziamento del lavoratore dipendente che lavora presso terzi durante il periodo di malattia è stato piu volte affrontato dalla Corte di Cassazione con esiti non omogenei.
Nell'ultima pronuncia n. 1472/2024 del 15 gennaio 2024 ad esempio viene affermato che lo svolgimento di attività in periodo di assenza dal lavoro per malattia costituisce un illecito di pericolo e non di danno, nel senso che costituisce violazione sia quando provoca la mancata ripresa del lavoro, sia quando tale circostanza sia solo ipotetica cioè quando il comportamento del lavoratore sia da considerare "potenzialmente " pericoloso per la guarigione.
Nel caso specifico una lavoratrice, aveva lavorato come cameriera mentre era assente dal lavoro per lombalgia. Il suo ricorso contro il ilcenziamento era stato respinto sia in primo che in secondo grado in quanto i giudici hanno considerato il comportamento mancante di correttezza e buona fede in quanto l'attività violava il dovere fare il possibile per raggiungere una sollecita guarigione.
Nel ricorso in cassazione la lavoratrice affermava che la pronuncia della corte di appello non aveva tenuto in giusto conto il fatto che il suo rientro al lavoro era stato sollecito come da prognosi medica, il che dimostrava come i turni in pizzeria non avevano avuto conseguenze sul rapporto di lavoro principale.
La Suprema corte ha confermato la sentenza di appello ribadendo che il lavoratore in malattia deve astenersi da comportamenti che possano compromettere la corretta esecuzione dell’obbligazione principale del proprio contratto ovvero il rientro al lavoro . Inoltre si sottolinea che la sentenza dei giudici ha per oggetto la potenzialità del pregiudizio , aldilà dell'effettiva valutazione sui reali effetti della attività presso terzi, che eventualmente necessiterebbe di una consulenza medico legale "ex post".
Licenziamento per altra attività durante la malattia
Anche nella Sentenza n. 7641 del 19 marzo 2019 era stato confermato l’orientamento maggioritario secondo il quale il lavoratore sorpreso a lavorare per un’impresa terza durante un periodo di malattia può essere legittimamente licenziato, ma solo nel caso in cui tale attività lavorativa pregiudichi o rallenti la guarigione dallo stato morboso
Si trattava del licenziamento per giusta causa intimato ad A.R, per avere svolto, in periodo di assenza per infortunio per il quale erano prescritti cure e riposo , un'altra attività lavorativa consistita nella guida di automezzi e in operazioni di carico/scarico di cerchi in lega per autovetture.
I fatti contestati erano giunti a conoscenza della società attraverso un 'indagine investigativa, e avevano trovato conferma nelle dichiarazioni degli investigatori .
L consulenza d'ufficio disposta in primo grado aveva consentito di accertare la potenzialità dannosa del comportamento addebitato, tanto che il periodo di malattia si era protratto per molti giorni successivamente alla prima prognosi.
I giudici della Corte Suprema hanno quindi confermato la decisione della Corte d’Appello che si era espressa rilevando un inadempimento degli obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà e la violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede, per cui il recesso datoriale per giusta causa era giustificato anche a causa della mancanza di previsione nel contratto collettivo o del codice disciplinare
Licenziamento illegittimo con attività lavorativa durante la malattia
Orientamento opposto a quello sopracitato nella sentenza della Corte di Cassazione lavoro n. 4237 del 3 Marzo 2015.
In quel caso la corte ha affermato che non sussiste la giusta causa di licenziamento per il lavoratore che durante l’assenza per malattia svolge una attività lavorativa in favore di terzi se non è provato che abbia agito in maniera fraudolenta.
La Corte di Cassazione si è espressa precisando che non sussiste per il lavoratore assente per malattia un divieto assoluto di prestare, durante l’assenza, un’attività lavorativa in favore di terzi, purché questa non evidenzi una simulazione di infermità, oppure comporti una violazione del divieto di concorrenza o, ancora, comprometta la guarigione del lavoratore,.
Sono tali aspetti infatti ad implicare l’inosservanza del dovere di fedeltà imposto al prestatore d’opera e la legittimità della sanzione disciplinare massima.