In data 9 febbraio le Entrate forniscono chiarimenti con Risposta a interpello, la n 210, sulla definizione agevolata delle liti pendenti.
In particolare, con la risposta avente oggetto "Definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione – riunione di più giudizi – articolo 5, commi 2 e 8, della legge n. 130 del 2022"
si replica ad un soggetto istante che riferisce di aver impugnato innanzi alla Commissione tributaria provinciale di tre avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2006, 2007 e 2008.
Con riferimento al contenzioso si riferisce che:
- il giudice di primo grado dopo aver riunito i ricorsi, li ha rigettati, ad eccezione di quello relativo all'anno 2008, per il quale l'accertamento è stato ridotto sulla scorta di quanto stabilito dall'Ufficio in fase di mediazione;
- che la sentenza è stata impugnata dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale che ha accolto l'appello e annullato la sentenza di primo grado;
- che la soccombente Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale con ricorso per Cassazione.
Inoltre, con ordinanza la corte ha cassato la sentenza, rinviando la causa alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione; l'istante ha proposto ricorso in riassunzione e l'adita Commissione Tributaria Regionale ha rigettato l'appello, confermando la pronuncia di primo grado; avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è stato proposto ricorso per Cassazione, tutt'ora pendente.
Ciò premesso, l'istante pone un quesito interpretativo con riguardo alla possibilità di aderire alla definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione ex articolo 5, comma 2, della legge 31 agosto 2022, n. 130.
Le Entrate dopo un riepilogo normativo specificano che, la norma in parola stabilisce che: «2. Le controversie tributarie […] pendenti innanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell'articolo 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, per le quali l'Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutto o in parte in uno dei gradi di merito e il valore delle quali, determinato ai sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sia non superiore a 50.000 euro, sono definite, a domanda dei soggetti indicati al comma 3 del presente articolo, con decreto assunto ai sensi dell'articolo 391 del codice di procedura civile, previo pagamento di un importo pari al 20 per cento del valore della controversia determinato ai sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289…."
Con riferimento alla fattispecie si esclude la possibilità di aderire alla definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione ex articolo 5, comma 2, della legge n. 130 del 2022 con riferimento a tutte le distinte controversie ''autonome'' relative alle annualità 2006, 2007 e 2008.
Ciò in quanto, precisa l'agenzia, la pronuncia della Commissione tributaria regionale, impugnata dalla contribuente innanzi alla Corte di Cassazione, giudizio attualmente pendente, nel «condividere le conclusioni già raggiunte dalla Commissione tributaria provinciale di […] nella sentenza impugnata riguardo alla legittimità e fondatezza degli avvisi impugnati», conclude per il rigetto dell'appello proposto dall'istante.
A sua volta, la pronuncia emessa dalla Commissione tributaria provinciale impugnata innanzi al giudice di seconde cure nel ritenere pienamente legittimi gli atti impositivi emessi relativamente alle annualità 2006 e 2007 con riferimento all'annualità 2008, accogliendo la richiesta avanzata dall'Agenzia delle entrate «conferma […] l'accertamento come modificato nella proposta di mediazione», con condanna della ricorrente alle spese di lite. Non si ravvisa, dunque spiega l'agenzia, alcuna soccombenza dell'Agenzia delle entrate con riferimento all'impugnazione degli avvisi di accertamento emessi per gli anni di imposta 2006, 2007 e 2008.
La rideterminazione dell'atto impositivo emesso per il 2008, in accoglimento della domanda avanzata dall'Agenzia delle entrate, ne esclude la soccombenza anche in relazione a detta annualità.